SOFFIO
Ombra lucente del regno
soffiami nell’orecchio la vita
perchè io possa udire ancora
la rapidità istintiva di tutti
i suoni,
che svegliano la terra
tra gioia e grida.
Più d’ogni umano silenzio s’incrini la parola all’intenzione e libero il pensiero la raccolga in solitudine di spirito dove il sospiro scioglie ogni dolore.
AMETISTE // Dalle fauci imbrunite della parola a monte/ mi rispondeva un gelido silenzio/ Quasichè superato il ponte/ vedessi un guizzo luminoso/ un cerchio bello di parole…/ Che rincorrendomi animatamente/ chiedessero a me che le pensavo/ di unirmi a loro interamente/ per dimostrargli che le amavo/.
Ombra lucente del regno
soffiami nell’orecchio la vita
perchè io possa udire ancora
la rapidità istintiva di tutti
i suoni,
che svegliano la terra
tra gioia e grida.
Per noi,
che poi ci tramandiamo
un alto rischio…
Sempre più spesso ci
chiediamo: ma noi,
chi c’ha creato,
l’amore o il vizio?
In un cantiere abbandonato,
coperto dalle stelle,
abitano due vecchine misteriose.
Una, ricerca tra i rottami,
i pezzi di una vita vissuta invano.
L’altra, che sta aspettando pazientemente
con l’ago in mano,
ricuce i pezzi ritrovati per farne
un vestitino illuminato…
Già destinato a una bambina sola,
che ha tanto camminato.
Guardo e riguardo preoccupata
questa opulenza di bellezza
taroccata…
Che immessa nella strada
diventa un unico modello.
Sempre quello!
Per meglio respirare
cerco con ansia un volto
anonimo
da poter ricordare…
Per dare un senso (in questo caso)
alla virtù del controsenso.
Sangue celeste
divinità di suoni
finiti nei condotti ottenebrati.
Le bocche semiaperte
dei dormienti.
Ventri gonfiati.
Futuri uomini nati domani.
Vissuti mai.
Dopo aver navigato
tutte le asperità della clausura,
cosa farai?
Cavalcherò una sfera illuminata
vedendo tutte le illusioni
di cui l’uomo s’incorona.
Per non guardare la tragedia.
Nell’ orinale di Montecitorio,
c’è la posata infetta dei politici.
Che nonostante gli ingannevoli raggiri
rimane tale e quale.
Nell’orinale? O Quirinale,
dei signori vecchi…
c’è la posata stanca dei ricordi,
che nonostante tutti i bei discorsi
non si può filtrare.
Se al posto
dei virus invernali,
potessimo trasmetterci
respiri colorati,
vedremmo volar via
in un quadro magico,
l’allegoria delle stagioni.
E noi appesi a tutti i fiori,
nel caos ridente della gioia,
senza voler posare i piedi
in terra.
Lo vedi?
A distanza di secoli,
siamo di nuovo tutti insieme
(per salvare capre e cavoli),
nell’ Arca.
Manca solo Noè,
che non sente… nè ci guarda.
Vuoi sapere perchè?
L’indifferenza che circola
nel mondo ci condanna a
vagare in quarantena.
Se io fossi un’onda portentosa,
vorrei annegare tutti gli uomini
del male.
Si rimarrebbe in pochi,
credimi,
ad arrivare all’altra sponda.
Se penso a me
clonata,
fissata in un’altra
dimensione,
guardata con stupore.
Sparsa nel Mondo
in tante copie
senza un condono
di riconoscimento.
Senza una febbre attiva…
quale tormento!
Che sia la morte a salvare
quello che di me
rimane.
Che sia il ricordo di me
a farmi ricordare.
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