STATO DI GRAZIA
Noi quando creiamo
siamo leggeri,
privi d’ogni peso
del contaminato.
Ci solleviamo in piedi
come le stelle verso
il creato,
e poi parliamo
per bocca della grazia.
Più d’ogni umano silenzio s’incrini la parola all’intenzione e libero il pensiero la raccolga in solitudine di spirito dove il sospiro scioglie ogni dolore.
AMETISTE // Dalle fauci imbrunite della parola a monte/ mi rispondeva un gelido silenzio/ Quasichè superato il ponte/ vedessi un guizzo luminoso/ un cerchio bello di parole…/ Che rincorrendomi animatamente/ chiedessero a me che le pensavo/ di unirmi a loro interamente/ per dimostrargli che le amavo/.
Noi quando creiamo
siamo leggeri,
privi d’ogni peso
del contaminato.
Ci solleviamo in piedi
come le stelle verso
il creato,
e poi parliamo
per bocca della grazia.
Sembra venire da voli stratosferici
la Cicogna abbrunata.
Guidata dalla Stella 2374
che si è posata per sempre
sul tuo cuore,
anche in un’altra Vita.
Guidata dalla Stella 2374
AH Volodja!
Da quale regno nasce la tua voce,
da quale fuoco giunge
la tua Voce.
In quale rupe arcana
si fonde la tua Voce,
in quale abisso scende
la tua Voce,
se poi mi porta in cielo
questa Voce.
VOCE DI VOLODJA
La Voce che porta nel cuore
la terra,
il grido degli uomini in guerra.
Il suono di tutti i metalli,
rumore di freni e motori,
cristali.
Fragore di tuono che avanza,
di fiamma che brucia,
lamento nel vento
velluto di rosa scarlatta.
Fontana di notte serena,
sospiro di angelo solo
nel volo,
in volo per giungere a Dio.
Da tutti i rumori neri
dell’Africa,
ai gridi gutturali,
all’osso bianco del sole.
Fa eco il fiato caldo-umido
degli animali possenti.
Le penne rosso-sangue
degli uccelli innocenti.
La schiena poderosa
del tramonto,
che ogni sera copre e
addormenta
l’immensità della foresta
senza luna.
Lo sanno bene gli uomini…
fino al prossimo giorno
di sopravvivenza.
Sulla mia testa turrita,
grava il peso continuo
delle domande fonde.
A cui fa fronte,
la leggerezza salata
delle risposte tonde.
Solo per un momento
esco,
dal cerchio semiaperto
di un mistero.
Per ritrovarmi presto
dentro la vastità di una cucina
moscovita.
Nevicherà tra poco
sopra il camino spento.
Umidità del legno
che sale lungo le pareti
spoglie.
Dai vetri sporchi
ghiacciati per metà ,
passa un lamento.
Passa una foto ingiallita
senza tempo,
dove sorride mestamente
una famiglia unita.
Forse parlano tra di loro,
non si sa…
ma senza voce.
Per non toccare con mano
quel che è stato,
la realtà vissuta…
L’artiglio atroce del passato.ÂÂ
L’impulso
è un arco di fuoco,
una saetta incontenibile
che sfugge
alla mobilità della ragione.
ÂÂ
Se penso a me
clonata,
fissata in un’altra
dimensione,
guardata con stupore.
Sparsa nel Mondo
in tante copie
senza un condono
di riconoscimento.
Senza una febbre attiva…
quale tormento!
Che sia la morte a salvare
quello che di me
rimane.
Che sia il ricordo di me
a farmi ricordare.
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