SUL NON DETTO
Il non detto…
è un reciproco scudo
nascosto protetto.
Una fragile zona sferzata
da ondate d’affetto.
Uno scontro umorale
leggero e indigesto,
diluito a puntate
sulla sedia a rotelle
del tempo.
Più d’ogni umano silenzio s’incrini la parola all’intenzione e libero il pensiero la raccolga in solitudine di spirito dove il sospiro scioglie ogni dolore.
AMETISTE // Dalle fauci imbrunite della parola a monte/ mi rispondeva un gelido silenzio/ Quasichè superato il ponte/ vedessi un guizzo luminoso/ un cerchio bello di parole…/ Che rincorrendomi animatamente/ chiedessero a me che le pensavo/ di unirmi a loro interamente/ per dimostrargli che le amavo/.
Il non detto…
è un reciproco scudo
nascosto protetto.
Una fragile zona sferzata
da ondate d’affetto.
Uno scontro umorale
leggero e indigesto,
diluito a puntate
sulla sedia a rotelle
del tempo.
Sul tema d’ascolto,
l’intimo bisogno di capire
giorno dopo giorno,
l’incongruenza umana.
Che fa di me,
una ricercatrice astratta,
che gioca la sua ultima
carta,
in un contesto atavico
quanto ostile.
Non tanto per vincere
o morire,
piuttosto per scoprire
quel che manca…
Il tanto atteso pezzo da 90.
Pensate a un gatto,
salito su di scatto.
Portato sulle spalle dal
padrone,
per un gran giro di
ricognizione.
Da quella altezza,il gatto,
(che rotea gli occhi)
per la soddisfazione,
si sente un viaggiatore…
conquista nuovi odori,
larghi spazi,
senza tirare le sue conclusioni.
Pensate a un uomo,
che può sentirsi un padreterno,
semmai ha girato il mondo intero.
Ma in realtà , se prima non conosce
il suo profondo,
si sentirà ovunque uno straniero.
Chi s’è cucito addosso
un’etichetta,
(e non la vuol cambiare)
non può allo stesso tempo
blaterare.
Che questo mondo annoia,
che il tempo si fa stretto,
insomma è già baldoria…
Meglio fuggire via,essere
svaporati,
salire sulla sfera dell’orgoglio,
col presupposto:io sono,perchè
voglio!
Lo dice il disperato ogni mattina,
guardandosi allo specchio.
Mentre si vede vecchio,
mentre si sente fesso…
La voce che conferma,
proviene dallo specchio.
La stella filante
della vita,
coi suoi rotondi
tornanti colorati,
ci fa sapere che nulla
si toglie del passato.
Anzi, si aggiunge sempre
qualche dato…
per farla esplodere
in salita.
Noi, senza Cristo,
siamo creature inutili.
Per non parlare di te
che non sei un sogno
ma il mio profilo a giorno,
parlo di me
che sono il tuo ritorno.
Un lampo di pittura esistenziale,
che illumina là dove non si può
andare…
Un terremoto costruttivo,
che abbassa i monti e fa salire
il mare.
E noi indenni nello spirito
al centro della via.
Oro d’autunno
mi staccherò da te
poi volerò lontano
confusa in un pulviscolo
di foglie.
*
Fulgida stella
ho più diamanti io
di te
son la rugiada che fa
brillare l’erba.
*
Se vuoi ascoltare
quello che dice il fiore
cambia la terra al vaso.
*
Che tenerezza
l’orecchio profumato
della rosa
che si posa sul morbido
velluto
di un seno nudo.
*
L’Intelligenza
suprema zona ventilata
del cervello.
*
Io so degli altri
quel poco o tanto
che vedo
il resto lo registra la
Coscienza.
*
Da sempre
come una tassa fissa
l’Amore paga i debiti
dell’egoismo.
*
Satira maliziosa
parli con gli occhi
mentre la bocca ride,
di quello che sa e non
lo dice.
*
La fretta
freccia impazzita
dentro la testa degli
uomini
troppo veloci…
che mirano ha raggiungere
ogni impossibile traguardo.
*
Io di questo amore
mi vesto
per denudarmi poi
di fronte al mondo.
*
L’hanno vista volare così
come una rondine
sospesa nell’azzurro
incline alla terra.
*
Da innumerevoli correnti
arriva il blu del mare
alti gradini liquidi
increspati
saliti dai gabbiani
innamorati.
*
Tenui vapori
bianco rosati
rosso ciliegia
oro d’arancia
giallo albicocca
venti di perla
alzano il cielo
per salutare l’alba.
*
Ah cadetemi addosso
stelle!
entratemi nella pelle
voglio correndo portarvi
lontano
voglio essere un faro
umano.
*
Che la barca del sonno
sia leggera
per trasportare il peso
più soave.
*
Se noi potessimo spiegarci
l’attimo
in cui è costante l’amore
non dormiremmo
increduli.
*
Spesso ho teso l’orecchio
dove le piaghe si possono
ascoltare…
*
Ho conservato
una tua lacrima verde
nel taschino
per abbellirmi i tempi.
*
Potesse un giorno
la mia mano
accendere l’aurora
e illuminare il mondo.
*
I tuoi occhi
due rondini nere affilate
sorvolano un cielo
d’inchiostro
cosparso di nubi rosate.
*
Avrei bivaccato
a lungo
sulla coscienza degli
uomini
poi avrei pianto lacrime
di limone.
*
Adesso su di me
faccio piano come
in chiesa
per non calpestare
il morto.
*
Fosse venuto a me
un angelo a parlarmi
avremmo confuso il
pianto
poi per solitarie vie
diretti verso il cielo.
*
Un porto blu
dove non appodo
mai
segnato da una
stella
che mi brilla in pugno.
*
Gli uomini
come le capre
si accavallano negli
ovili
per poi disertarli.
*
Non mi piace
l’amicizia che mi dai
è condominiale
chiedi di me
della mia vita
col tono e la scadenza
di un contratto.
*
Fili tenaci di seta rossa
le mie parole
per ricucire un tempo
sbranato dai barbari.
*
Chi non ha salito
il Calvario
non sa nulla del
passo
nè conosce i suoi piedi.
*
Per voi che avete
la coda mozza
l’imputazione è grave.
*
Energie di mille stazioni
elettriche
m’impongono questo
viaggio
e sono in transito
per altre dimensioni.
*
Sicura che vivo
mi alzo d’impulso
un guizzo di fuoco
mi apre la via.
Poichè la verità
libera e salva
il vento dell’oceano
sospinge
e non affonda la mia
barca.
Racconta un’antichissima
leggenda siciliana
portata su dal mare.
Donna Armerina piange
come una fontana,
il suo padrone giramondo
è andato via.
Senza terra l’ha lasciata.
Donna Armerina arranca
lungo la strada.
Scioglie i capelli neri,
ali di vento
dentro la nottata.
Straccia la veste bianca,
toglie la chiave d’oro
nascosta dentro il seno.
La getta dentro il pozzo
che è segreto,
dove la luna dorme rispecchiata.
Guarda l’ultimo cielo
pieno d’ombre, poi si nasconde.
E’ disperata!
Intanto dentro la casa bruna
fatta di spine,
le sue sorelle maghe,
preparano frittelle di sventura.
Donna Armerina,
ne mangerà più d’una…
Come una musica celeste
passano in volo mille anni…
Passano le colombe
e i falchi.
L’abbaglio dei colori,
assieme a tutti gli abitanti.
Quando d’un tratto
un forte vento,
un grido di potenza
spacca la terra cruda…
Sotto la buca buia,
avanza e suda
la lucentezza dell’avorio.
Bianca cintura delle mura
che prende forma sotto il sole,
come un castello magico
che s’ingrandisce lungo la
pianura.
Dice la storia,
ormai tornata a galla
come una ninfea,
perchè sia raccontata…
Prima che diventasse roccia
che diventasse pietra rosa,
bagliore di corallo
ricamo della natura.
Piazza Armerina era una donna,
era una fiamma
era la storia di una creatura.
L’angelo e la rosa
non parlano mai.
Ascoltano.
Rapita dentro il sogno,
nel mio velluto rosso
risplendo.
E tu nel firmamento,
brilli e riluci senza posa.
Bocca soave d’angelo,
respiro della rosa.
Nessuno sono io senza di te,
e tu con me ogni cosa.
Se penso a me
clonata,
fissata in un’altra
dimensione,
guardata con stupore.
Sparsa nel Mondo
in tante copie
senza un condono
di riconoscimento.
Senza una febbre attiva…
quale tormento!
Che sia la morte a salvare
quello che di me
rimane.
Che sia il ricordo di me
a farmi ricordare.
© 2017 :: Tutti i testi e le poesie sono di esclusiva proprietà di Maria Grazia Nigi. Ogni uso non autorizzato sarà perseguibile per legge.